LA VALORIZZAZIONE DELLA
PROFESSIONALITÀ DOCENTE
Genova, Liceo Classico "Andrea D'Oria”, 17 maggio 2006
prof. Alfio
Pelli, Supervisore SISS Toscana, resp. APEF Toscana
PUNTI CHIAVE
LA SITUAZIONE ATTUALE
Ø E’ indubbia la demotivazione del corpo docente
Ha più radici, di vario genere, alcune “storiche” ma ancora attualissime, come per es. il non aver ancora metabolizzato il cambiamento epistemologico del ruolo della scuola, prodottosi ormai da quasi mezzo secolo, un’eternità coi ritmi delle società di oggi, col passaggio da una società elitaria a una società democratica di massa, che ha bisogno assoluto di migliorare continuamente tutti i suoi componenti, in misura diversa a seconda delle diverse personalità/potenzialità/realtà, pena la sua decadenza economica e sociale in un competizione mondiale sempre più forte e onnipresente.
Ø Questa demotivazione dei docenti rischia di compromettere ogni tentativo di riforma
Ø Uno importantissimo fattore di demotivazione è il fatto che il lavoro del docente non offre prospettive, né economiche, né di status, unica possibilità reale cambiare lavoro facendo il ds
Tutto avviene sempre “a prescindere”, si è assunti solo in relazione alla posizione in una graduatoria, una volta passati di ruolo nessun riconoscimento del merito o dell’impegno, nessuna valorizzazione effettiva per il lavoro didattico o organizzativo svolto, solo una progressione economica lentissima (6-7 anni) e modesta.
LA VALORIZZAZIONE
A) Partire
dal rilancio dell’Autonomia scolastica
B) Introdurre uno sviluppo di carriera che riguardi almeno:
1. Riconoscimento delle funzioni finalizzate alla gestione delle nuove complessità progettuali, organizzative, didattiche
2. Più livelli professionali all’interno dello status di docente
3. Passaggio a livelli superiori a seguito di valutazione e formazione
4. Aumenti per anzianità più modesti ma più ravvicinati nel tempo
Approfondire ognuno
di questi aspetti richiederebbe un convegno a parte; mi limito qui a un solo
aspetto del punto 2, le possibilità di articolazione di carriera legate alle
attività di formazione iniziale e in servizio degli insegnanti. L’ho scelto
perché è un tema strettamente legato al lavoro didattico del docente,
all’insegnare bene la propria disciplina, tema di cui nell’ambito del dibattito
sulla carriera dei docenti si sente parlare assai meno rispetto ai ruoli
organizzativo/gestionali.
FORMAZIONE INIZIALE DEGLI INSEGNANTI E POSSIBILI ARTICOLAZIONI DELLA CARRIERA DOCENTE
ð Qui la situazione è davvero molto avanti, nei fatti, e per avere i primi risultati basterebbe solo una piccola spallata, come per es. la conquista della rappresentatività da parte dell’ANP nelle elezioni per le RSU del prossimo autunno.
L’ANP è infatti l’unico sindacato ad avere una proposta di carriera per i docenti, è un sindacato nuovo (l’apertura ai docenti è del dicembre 2002 -vedi per le motivazioni l’interessantissima relazione del Presidente Rembado alla manifestazione nazionale di presentazione del Manifesto delle Alte Professionalità Docenti della Scuola, Roma, 7 maggio 2003), e come tale non ha interessi precostituiti da difendere, come invece accade per i tradizionali sindacati confederali e Snals.
“Le tecniche dei sindacati sono un esempio autentico di sbarramento difensivo eretto contro l’eccessiva valorizzazione del merito individuale. Un dirigente delle forze di lavoro ha così dichiarato: Il buon Dio ha creato lavoratori lenti e lavoratori dinamici. Quest’ultimi in numero minore dei primi. Non chiedetemi il perché. Ma i più dinamici, in qualsiasi sistema, riusciranno sempre a stare a galla da soli. Il dovere delle unioni di lavoratori è quello di tutelare gli altri.
In verità, questo è l’unico compito che le organizzazioni dei lavoratori realizzano efficacemente. Le affermazioni del loro leader non fanno una grinza”.
J. W. Gardner, 1962!!!
Tornando alle possibilità di carriera per i docenti nell’ambito della formazione iniziale degli insegnanti, come dicevo la situazione è avanti “nei fatti”, e ciò grazie all’Europa, alla sue richieste per l’integrazione e l’interazione dei vari sistemi formativi, per la circolazione delle persone in ambito UE. Per gli insegnanti l’Europa prevede una formazione a livello universitario. Il Parlamento italiano approva una legge in tal senso nel 1990, la legge n. 341, ma debbono passare ben 8 anni affinché un Decreto Ministeriale ne permetta l’attuazione, è così dall’a.a. 1999/2000 sono in funzione sia le SSIS (Scuole di Specializzazione all’Insegnamento Secondario) che i corsi di laurea in SFP (Scienze della Formazione Primaria).
Ma sia per le une che per le altre occorrono insegnanti della Scuola per due attività essenziali: gestione del tirocinio e sua integrazione con le altre attività formative (supervisori), svolgimento delle attività di tirocinio nelle varie scuole (tutor). Per i primi, visto che poi dovranno operare in condizione di semiesonero presso le Università, si prevede un regolare concorso universitario (titoli, scritto, orale), per i secondi non si fa niente, né un’attività di formazione né il riconoscimento di alcun compenso aggiuntivo (come del resto per i supervisori): è evidente la preoccupazione di creare “il minimo di differenza possibile” all’interno del corpo docente. Le resistenze conservatrici dei sindacati tradizionali sono fortissime e nessun governo vuole rischiare su questo, né il governo di centro sinistra con cui nascono SSIS e corsi di laurea in SFP, né il successivo governo di centro-destra.
ð 2003: la legge n. 53 riforma gli ordinamenti scolastici e la formazione degli insegnanti (art. 5), prevedendo l’abolizione delle SSIS e la nascita delle lauree specialistiche per l’insegnamento.
Guardiamo nel decreto applicativo dell’art. 5 di tale legge le diverse possibilità di differenziazione, e quindi di carriera, per gli insegnanti della Scuola, per i quali è previsto:
A) nell’ambito delle nuove lauree specialistiche:
à partecipazione alle commissioni di ammissione e di esame finale (Art. 3 comma 4 e 6)
à svolgimento dei compiti di supervisore al tirocinio e di coordinamento del medesimo
con le altre attività didattiche (Art.
4 comma 9)
à svolgimento di attività di tutor per il tirocinio,
che si conclude con un giudizio del
tutor stesso per la commissione di valutazione del tirocinio (Art. 4 comma 2c)
B) nell’ambito dell’anno di applicazione per i futuri insegnanti:
ù svolgimento di attività di tutor (Art. 5 comma 4), col compito di fornire indicazioni
ai Centri di Ateneo o di interateneo sulle attività di formazione per il nuovo docente
(Art. 5 comma 5) e, una volta concluso l’anno di applicazione, fornire al Comitato per
la valutazione del servizio elementi di valutazione per l’accesso ai ruoli del nuovo
docente (Art. 5 comma 6)
ù attività di membro del Comitato di valutazione del servizio, col compito di discutere
una relazione sulle attività svolte dal futuro docente ed emettere
giudizio favorevole
o meno alla stipula da parte del Dirigente scolastico di un contratto di lavoro per
l’assunzione a tempo indeterminato (Art. 5 comma 6).
Nello stesso decreto particolarmente importanti l’Art. 6 (Centri di Ateneo o di interateneo per la formazione degli insegnanti) e l’Art. 7 (Iniziative di eccellenza per la formazione).
L’art. 6, oltre a importanti attività nell’ambito della formazione iniziale (intervento-monitoraggio-valutazione nei corsi delle nuove lauree magistrali/diplomi di secondo livello), attribuisce ai nuovi Centri di Ateneo o di interateneo anche compiti fondamentali per la formazione in servizio, da svolgersi in collaborazione con scuole, Ufficio Scolastico Regionale, IRRE, INVALSI, INDIRE, imprese, camere di commercio, associazioni, etc.
L’Art. 7 prevede che le Università, in convenzione con Scuole, USR, IRRE, INVALSI, INDIRE organizzino “apposite attività di formazione dei formatori e di ricerca scientifica sull'apprendimento-insegnamento scolastico e sulla formazione permanente e ricorrente degli insegnanti”. E’ questa una novità di assoluto rilievo, che crea le condizioni per incardinare nei luoghi di formazione degli insegnanti quella ricerca didattica applicata al momento inesistente nel nostro Paese. Ciò contribuirebbe in maniera decisiva a far delle strutture per la formazione dei docenti dei centri professionalmente avanzati di ricerca didattica e formazione permanente.
ð Marzo 2006: documento MIUR su “sviluppo professionale del personale della scuola”
All’origine, al solito, le richieste europee (estate 2005) relative alla maggiore efficacia e integrazione dei sistemi formativi, inclusa la mobilità dei docenti, praticamente impossibile per il nostro Paese se la professionalità docente continua a rimanere indifferenziata e appiattita, a differenza di quanto accade negli altri Paesi UE.
Vediamone alcuni stralci:
Lo sviluppo professionale di chi opera nella scuola (dirigenti, docenti, personale ATA) è condizione essenziale per garantire l’efficacia del servizio. Alla relativa formazione, principale leva dello sviluppo professionale, deve essere rivolta la massima attenzione, inquadrandola in un unico processo formativo, progettato e gestito nell’ottica della formazione permanente, come è chiaramente indicato nei documenti europei, articolato distinguendo nettamente tra formazione iniziale, formazione in ingresso, formazione in servizio, ognuna delle quali ha una sua specificità e richiede, quindi, di essere gestita con metodi, strumenti e risorse diversi o diversamente articolati.
Il contesto europeo
Ø Lisbona2000
L'Unione si è ora prefissata un nuovo obiettivo strategico per il nuovo decennio: diventare l'economia basata sulla conoscenza più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale.
Il raggiungimento di questo obiettivo richiede una strategia globale volta a:
− modernizzare il modello sociale europeo, investendo nelle persone e combattendo l'esclusione sociale;
….
Un ruolo determinante è stato assegnato ai sistemi di istruzione e formazione per i quali è stato definito un quadro articolato di 13 obiettivi concreti (Stoccolma 2001) e un piano di lavoro (Barcellona 2002) che ha stabilito le questioni chiave da affrontare, gli indicatori e i benchmark necessari per monitorare e valutare il raggiungimento degli obiettivi.
Il Rapporto
intermedio su quanto
realizzato nel primo triennio del processo, dal titolo Education and
Training 2010, redatto congiuntamente nel 2004 dal Consiglio e dalla
Commissione, ha messo in evidenza la modestia dei passi compiuti e ha
sollecitato i Paesi europei ad impegnarsi maggiormente sottolineando, in
particolare, l’esigenza di investire nella formazione iniziale e in servizio degli insegnanti dalla cui motivazione e qualità dipende, in larga misura, il
raggiungimento degli obiettivi fissati per il 2010.
Gli insegnanti, infatti, possono svolgere un ruolo fondamentale nel creare un ambiente di apprendimento aperto(obiettivo 2.1), nel rendere attraente l’apprendimento (obiettivo 2.2), nel sostenere la cittadinanza attiva, le pari opportunità e la coesione sociale(obiettivo 2.3), nel promuovere l’interesse degli studenti nei confronti delle discipline tecnico-scientifiche (obiettivo 1.4), nel promuovere lo studio delle lingue straniere(obiettivo 3.3).
A seguito del Rapporto intermedio è stato validato un quadro comune di riferimento di principi europei sulle competenze e le qualifiche degli insegnanti.
Questi i 4 principi:
1) tutti i futuri docenti devono svolgere una formazione iniziale universitaria per acquisire le competenze disciplinari, pedagogico-didattiche, psicologiche, relazionali, socio-culturali;
2) a livello istituzionale devono essere promosse azioni di partenariato tra scuole, università, centri di ricerca, agenzie di formazione, impresa per sviluppare legami forti tra teoria e pratica in ambito sia didattico sia professionalizzante;
3) gli interventi formativi devono supportare l’adeguamento dei docenti a nuovi contesti socio/culturali e a nuove riforme, in un processo continuo e riconosciuto delle attività formative svolte e delle competenze acquisite;
4) la professione docente deve essere esercitata in un contesto di flessibilità e adattabilità in cui siano previste forme di mobilità sia geografica (tra Paesi come valore aggiunto europeo) sia istituzionale (carriera mobile a livello dei singoli Paesi, tra ordini e gradi diversi di scuola e diversificazione/valorizzazione della funzione docente ).
Insieme ai principi sono state definite le 3 competenze chiave che i docenti del XXI secolo sono chiamati a possedere per fare fronte alle mutate esigenze culturali, sociali ed economiche del nostro tempo. Esse riguardano le seguenti aree (tra loro strettamente connesse e trasversali alle discipline):
1) tecnologie informatiche applicate alla didattica al fine di costruire ambienti di apprendimento aperti;
2) lavoro cooperativo (tra docenti, tra docenti e allievi, tra scuole, tra scuole e altri partner);
3) dimensione europea (educazione alla cittadinanza, dimensione interculturale, rispetto della diversità, valorizzazione dell’identità comune europea).
La formazione permanente dei docenti: iniziale, in ingresso, in servizio
La formazione iniziale risulta efficace solo se:
· vengono fissati i criteri e le modalità delle prove selettive per l’accesso ai corsi di laurea specialistica e vengono altresì definiti i percorsi specialistici, comprese le modalità di fruizione dei percorsi stessi, al termine dei quali avviene l’ingresso nella professione;
· vengono definiti in modo chiaro e trasparente requisiti e competenze per i docenti dei diversi ambiti disciplinari/le diverse discipline e, a livello trasversale, per tutti i futuri docenti di ogni ordine e grado, in corrispondenza con i cambiamenti sopra delineati;
· viene valorizzato il contributo della ricerca da un lato e della pratica didattica dall’altra per creare sin da subito competenze complesse da approfondire in corso di carriera e abitudine alla modalità della ricerca-azione in ambito scolastico;
· vengono individuati percorsi e modalità di verifica delle attività di tirocinio da realizzarsi nella scuola sotto la guida del tutor;
· viene promossa la mobilità tramite il riconoscimento di crediti fra i vari Paesi europei e il riconoscimento della stessa qualifica professionale di “insegnante”, in considerazione di standard di qualità condivisi.
La formazione in ingresso risulta efficace solo se:
· si avvale di interventi flessibili da realizzare con il già consolidato sistema dell’ e-learning integrato che può raggiungere un considerevole numero di docenti con bisogni diversificati di natura disciplinare e di relazione con il contesto
· deve essere percepita dal docente come momento di avvio di un processo di riflessione sulla pratica professionale che dovrà accompagnare la sua carriera permettendogli di costruire un percorso personalizzato di formazione continua e di utilizzare i servizi di formazione messi a disposizione dalle Istituzioni (incluse l’autoformazione e la ricerca-azione)
La formazione in servizio
La formazione in servizio dei docenti deve essere progettata e realizzata all’interno della comunità scolastica intesa come “comunità di pratiche” e nei dipartimenti disciplinari in cui la comunità di pratiche si articola. Essa assume come principio di fondo la centralità dell’istituzione scolastica quale “ambiente di apprendimento“ (learning organisation) non solo per gli studenti, ma per tutti quelli che vi operano.
Essa è efficace se:
LA VIA PIU’ RAPIDA PER RILANCIARE LA SCUOLA E GLI INSEGNANTI (6 MESI!)
ð Quanto detto sulla formazione iniziale e in servizio evidenzia le differenziazioni già presenti oggi all’interno del corpo docente, e le altre ancora più articolate rese necessarie dall’ulteriore ammodernamento in senso europeo del nostro sistema. Non fanno eccezione gli altri settori del sistema Scuola, ognuno dei quali contiene in forme e modi diversi, seppur meno oggettivati normativamente, un ampio spettro di differenziazioni di compiti, attività, responsabilità a vari livelli organizzativi e didattici. Questa è la realtà della Scuola di oggi. Il problema del riconoscimento di una carriera per i docenti, quindi, è ormai solo di carattere politico e sindacale, legato a una pervicace quanto dannosa conservazione di un egualitarismo che, nato in una realtà economico-sociale completamente diversa dall’attuale, non ha più ormai alcuna ragione di essere, e i cui danni per la nostra Scuola, connessi a quelli del costante calo di finanziamenti e dell’assenza di valutazione dei risultati, sono continuamente sotto gli occhi di tutti.
ð Ma a tutto ciò c’è a breve una possibile via d’uscita, legata al rinnovo delle RSU. L’organismo, com’è noto, non accende le simpatie degli insegnanti, ma è sulla media fra le iscrizioni e i voti presi a queste elezioni che un sindacato gioca la propria “rappresentatività”, cioè la possibilità di sedere al tavolo delle trattative per il comparto Scuola. Com’è noto l’ANP con la sua apertura ai docenti è un sindacato “giovane” (appena 3 anni e mezzo), e come tale deve contare soprattutto sui voti alle elezioni per il rinnovo delle RSU per conseguire la rappresentatività, e con essa il diritto a sedere al tavolo delle trattative portando le proprie avanzate proposte per una Scuola finalmente moderna ed efficace (area di contrattazione separata per i docenti, nuovo stato giuridico, sviluppo di carriera).
Genova, 17 maggio 2005 Alfio Pelli