La proposta dell’Anp
Uno dei problemi fondamentali della scuola consiste nella demotivazione professionale di molti insegnanti nei confronti di un lavoro che non offre prospettive. Tale malessere diffuso rischia di compromettere il successo di ogni tentativo di riforma che si eserciti solo attraverso la riscrittura degli ordinamenti.
Un fenomeno sociale di queste proporzioni non può essere spiegato solo con fattori psicologici di natura individuale; le sue cause vanno ricercate piuttosto nelle caratteristiche strutturali che la professione docente ha assunto nel tempo.
A differenza della maggioranza delle professioni intellettuali, l’insegnamento, infatti, è trattato come un impiego: e perciò non consente sostanziali sviluppi, né economici né di status. E richiede spesso una decina di anni prima di vedere consolidato il rapporto di lavoro. E' proprio a partire da questo lungo tirocinio che il neo-insegnante comincia ad interiorizzare la propria “invisibilità” professionale: nessuno lo chiama per quel che vale o per quel che fa, ma solo per la sua posizione in graduatoria. Dopo la conferma in ruolo, il principio informatore resta immutato: progressione economica lentissima (ogni sei, sette anni) ed estremamente modesta; nessun riconoscimento del merito; nessuna valorizzazione effettiva delle responsabilità; nessuna conseguenza per il disimpegno.
Nei fatti, l’indistinzione e l’appiattimento comportano una penalizzazione per gli elementi migliori e più motivati. Al punto che l’unico elemento di differenziazione retributiva è confinato nei limiti del 2-3% della retribuzione di base.
L’unica reale prospettiva di carriera consiste nell’uscire dalla professione docente, accedendo ai ruoli dirigenziali.
La rimotivazione di chi esercita la professione docente trova oggi una ragione in più nell’autonomia delle istituzioni scolastiche, che, per essere attuata, richiede l’introduzione di forti elementi di discontinuità. Tali elementi debbono riguardare almeno:
Si propone di istituire tre distinti livelli di carriera (docente iniziale, ordinario, esperto), corrispondenti agli attuali 7°, 8° e 9° livello degli inquadramenti del personale dello Stato. Verrà sanata, in tal modo, l’anomalia per cui gli insegnanti sono gli unici dipendenti pubblici laureati confinati per tutta la loro vita professionale in un unico livello retributivo, il più basso fra quelli previsti a parità di titolo di studio.
Nei tre livelli in questione dovranno essere inquadrati tutti i docenti, indipendentemente dal grado di scuola in cui prestano servizio e dal titolo di studio posseduto. La collocazione nei livelli non comporta sovraordinazione gerarchica, ma ha il solo scopo di riconoscere le diverse professionalità maturate e certificate.
A parte occorrerà prevedere due collocazioni “esterne” rispetto a quelle principali:
- un livello inferiore al 7°, destinato ai docenti “tirocinanti” previsti dalla Legge n. 53/2003, fino al consolidamento del rapporto di lavoro;
- un livello sovraordinato al 9° (il 9° bis), in cui dovranno essere stabilmente inquadrati, previo concorso, i docenti con l’incarico di sostituzione del dirigente, ovvero gli attuali Vicari.
Solo all'interno di ciascun livello di appartenenza, il miglioramento economico avverrà automaticamente per anzianità, attraverso aumenti biennali.
La misura di tali aumenti potrebbe essere differenziata a seconda che gli interessati appartengano alla scuola elementare, alla scuola media, ecc., secondo una logica simile nella sostanza a quella attuale, ma ad intervalli di tempo più ravvicinati.
Il passaggio da un livello al successivo comporterà l’attribuzione della differenza fra gli stipendi iniziali dei due livelli. Il docente manterrà la retribuzione di anzianità maturata nel livello di provenienza. L’accesso ai livelli successivi avverrà per contingenti programmati, sulla base di organici da stabilire all'interno di ciascun livello.
La promozione potrà avvenire dopo una permanenza di almeno cinque anni nel livello di appartenenza e subordinatamente alla disponibilità di posto.
L'avanzamento dal 7° all’8° livello avverrà a seguito di selezione a domanda, tenendo conto:
- di una valutazione sulle competenze professionali espressa da docenti del 9° livello della scuola di appartenenza;
- di una valutazione espressa dal dirigente della scuola;
- dei titoli professionali e crediti formativi posseduti.
L'avanzamento dall’8° al 9° livello avverrà a domanda mediante:
- preselezione per titoli professionali e culturali;
- formazione universitaria conseguita ai sensi dell’art. 5 della Legge n. 53/2003;
- selezione finale a cura delle reti di scuole sulla base degli esiti della formazione e dei titoli e crediti posseduti.
Al 9° livello transiteranno altresì i docenti utilizzati, previo superamento di corso-concorso.
L'inserimento nel livello 9° bis avverrà per corso-concorso, a cui potranno accedere i docenti dell’8° e del 9° livello.
Gli incarichi aggiuntivi rispetto all’insegnamento, per funzioni complesse, potranno essere conferiti solo ai docenti inquadrati nell’8° e nel 9° livello. Essi daranno diritto – per la durata del loro svolgimento – ad una voce retributiva specifica, separata dallo stipendio di livello e prelevata su un apposito budget, distinto dal fondo di istituto.
L’attribuzione di tali incarichi sarà fatta dal dirigente scolastico, con il parere dei docenti di 9° livello.
Saranno distinti per ambito territoriale (regionale e provinciale), per classe di concorso e per livello di inquadramento, ma non di scuola. I docenti nelle scuole si distribuiranno con l'unico vincolo di una certa quota minima nei due livelli superiori, per garantire la possibilità di scelta nell'affidamento delle funzioni complesse.
Avverrà secondo quanto previsto dalla Legge n. 53/2003 (laurea specialistica seguita da tirocinio biennale). Durante il periodo di tirocinio, l’insegnante avrà un inquadramento specifico, inferiore a quello iniziale del 7° livello.
I docenti, al termine del tirocinio, verranno inseriti in un apposito albo professionale.
Al fine di garantire la miglior qualità del servizio, il nuovo modello di carriera dei docenti va introdotto per via legislativa. Tanto più che l’esperienza ultradecennale dimostra che un simile modello non è realizzabile per via contrattuale.