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Nuove disposizioni sul recupero dei debiti formativi: la burocrazia prevale sulla pedagogia.

Di Vittorio Barsotti

L’applicazione del DM 80/07 a cui è seguita l’OM 92/07 sui c.d. “esami a settembre” sta presentando una faticosa, per non dire “ferruginosa” applicazione pratica da parte delle scuole superiori.
Come di sovente accade in Italia, la complessita’ delle disposizioni costituisce un serio ostacolo alla loro puntuale applicazione. Ed e’ cosi’ che la molteplicita’, e spesso la farragginosita’ degli adempimenti burocratici richiesti, finiscono per svilirne il significato.

Anche in questo caso il principio ispiratore della disposizione appare giusto e condiviso dai piu’; diversa e’ invece la valutazione sulla sua applicazione, disseminata di una serie di vincoli burocratici destinati non solo a sfumare il portato positivo del provvedimento, ma anche ad accrescere il malumore gia’ ampiamente diffuso nel mondo della scuola.

Il primo dato che emerge – sia nel decreto che nella successiva ordinanza - e’ la cavillosita’ e minuziosita’ delle disposizioni: un tratto che nega alle singole istituzioni scolastiche qualsiasi spazio di autonomia nell’organizzazione e gestione degli interventi.
In una successiva nota del Ministro Fioroni (prot. n. AOODGPER22717 del 28 novembre 2007), poi, si approda alla naturale e ultima conseguenza dell’impostazione centralistica-burocratica imboccata nel merito dell'attuazione operativa del recupero dei debiti formativi: alla fine, chi dovrebbe pagare per l'eventuale mancato raggiungimento di questo "obiettivo strategico" sarebbero i dirigenti delle scuole.
Cio risulterebbe deltutto normale se ai Dirigenti fossero stati attribuiti gli strumenti necessari, tanto sul versante economico quanto su quello normativo.

La complessita’ delle disposizioni e’ poi un ostacolo anche per i Collegi docenti, che sono chiamati ad assumere decisioni in un quadro estremamente confuso, affollato di una impressionante quantita’ di lacci e lacciuoli, in un contesto di grande incertezza sulla disponibilita’ delle risorse.

Il quadro che emerge e’ quindi a doppia tinta.
Da un lato va apprezzata l’iniziativa del Ministro in materia di recupero del debito formativo, soprattutto per quanto riguarda la riaffermazione del principio che i debiti vanno saldati e l’indicazione di tempi certi entro i quali ciò debba avvenire.
Ma era proprio necessario che il decreto ministeriale n. 80 determinasse modalità dettagliate di organizzazione e svolgimento delle attività di recupero?
Non era piu’ logico, se pur in una cornice normativamente definita, rimetterne la concreta progettazione ed attuazione alla responsabile autonomia delle istituzioni scolastiche?
L’OM 92, che poteva essere una buona occasione di semplificazione in tal senso, interviene, invece, a regolare in via amministrativa la materia del DM 80 introducendo forti elementi di irrigidimento organizzativo (con potenziali tensioni, interne alle scuole e rispetto all’utenza) e ha posto, di fatto, le premesse perché il processo si esaurisca in una pletora di adempimenti formali e di passaggi procedurali, senza incidere sul miglioramento sostanziale degli apprendimenti per gli alunni in difficoltà.

Esaminando il testo emergono, anche ad un primo esame, i seguenti elementi di criticita’:
- ogni fase della progettazione ed attuazione degli interventi è demandata agli organi collegiali, spesso ad una pluralità di essi, con il rischio di sovrapposizione di competenze e di diversità di valutazioni (che dire dell’attribuzione al Collegio docenti dei criteri per la composizione dei gruppi di studenti, che sarebbe molto meglio assegnare al Consiglio di classe?);
- l’indicazione di modalità applicative minuziose (per esempio, la durata minima di 15 ore per gli interventi), se da una parte restringe l’autonomia progettuale ed organizzativa delle scuole, dall’altra finisce con il suggerire interventi centrati sulle singole materie. E’ noto invece che la maggior parte delle difficoltà di apprendimento degli studenti e’ legata a problemi di motivazione, di metodo di studio, di poverta’ linguistica: difficolta’ di natura metacognitiva insomma, che andrebbero gestite con interventi non riconducibili alla consueta suddivisione disciplinare;
- i riferimenti alla contrattazione integrativa di istituto – che in linea di principio si possono considerare opportuni – vengono però allargati ad ambiti sicuramente al di fuori di quelli dovuti: per esempio, le “modalità di utilizzazione del personale docente”, che richiedono valutazioni di ordine pedagogico e didattico e, come tale, andrebbero lasciate a soggetti in possesso di competenze professionali specifiche;
- nel suo insieme, attraverso un’intricata rete di consultazioni e di pareri, si ipotizza una condizione in cui gli organi collegiali della scuola dovrebbero sedere in permanenza ed occuparsi prevalentemente, o solo, del “recupero”. Si determina così un duplice rischio: che il sovraccarico di riunioni e di passaggi procedurali finisca con lo svuotare di attenzione e di impegno la riflessione professionale degli operatori, e che si finisca con il perdere di vista il fine primario della scuola, che è produrre e favorire l’apprendimento quotidiano e non solo una pletora di azioni straordinarie di recupero. Recupero di quel che, a questo punto, non si sa se e quando vi sarebbe ancora il tempo di programmare e di attuare;
- parallelamente, il moltiplicarsi delle procedure e delle sedi collegiali di decisione finisce con lo svuotare la responsabilità individuale. La scuola, nel suo insieme, è tenuta verso l’utenza ad una folla di adempimenti e di garanzie: nessuno dei suoi operatori ha una responsabilità individuale per i singoli atti e momenti decisionali. E la somma di tante deresponsabilizzazioni personali ben difficilmente produce una responsabilità collettiva;
- l’unico soggetto cui è in capo una responsabilità precisa, il dirigente, è di fatto assente dal novero dei decisori ed anche degli organizzatori del servizio. La sua figura, evocata nella nota sopradetta, oltre ad essere quella di un esecutore o di un mediatore fra una folla di punti di vista, pareri, criteri, modalità ed altro resta – come gia’ detto - l’unico a pagare per l'eventuale mancato raggiungimento di questo "obiettivo strategico" in questo tipo di recupero”coatto”.

Tuttavia si sa la scuola ha comunque grande capacità di adattamento e di risposta
Tutti gli istituti superiori si sono organizzati, dando avvio ad interventi di recupero trasversali disciplinari, o piu' declinati sul versante metacognitivo.
Gia' sono stati programmati corsi nel periodo estivo e sono state individuate le periodizzazioni delle verifiche e valutazioni finali che, come da indicazione ministeriale, dovranno essere concluse prima dell'avvio dell'attivita' didattica del prossimo anno scolastico.

Certamente anche stavolta le scuole risponderanno puntualmente alle prescrizioni che le nuove norme in materia di recupero richiedono, anche se tutte le riserve rimangono specialmente fino a quando, proprio per la specificità delle tematiche intrinsecamente pedagogiche del recupero, non si libereranno le scuole da un carico inopportuno di sovrastrutture e procedure restituendo loro il preciso compito di progettare in autonomia questo come gli altri momenti della loro funzione istituzionale.
Non dimenticando il fatto che le responsabilità di tipo organizzativo e gestionale andrebbero poi riservate al dirigente, secondo la lettera e lo spirito delle disposizioni generali vigenti nell’ordinamento delle pubbliche amministrazioni.

Lucca, 25 gennaio 2008

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