Commento introduttivo di Vittorio Barsotti
Il documento che si riporta è quello approvato unanimemente da un’assemblea di una gran parte dei dirigenti scolastici della provincia di Lucca, riunitasi il 10 ottobre u.s. presso la DD del II° Circolo didattico di Lucca, riguardo alle novità normative che interessano il mondo della scuola.
Novità strutturali che finiscono per costituire una miniriforma ma con importanti ricadute sul sistema scolastico.
La richiesta di una maggiore partecipazione degli operatori, di un più consapevole coinvolgimento anche dei Dirigenti scolastici appare giustificata per sgombrare il timore diffuso collegato agli effetti pratici che tali disposizioni ministeriali possono riverberare sull’intero sistema educativo-formativo soprattutto con sgradevoli effetti indesiderabili di fatto ricadenti sull’utenza, prevalentemente con riferimento ai bisogni educativi del 1° ciclo dell’istruzione primaria.
Noi Dirigenti Scolastici della Provincia, riuniti a Lucca giovedì 9 ottobre, abbiamo discusso sulle principali novità introdotte dal Decreto Legge del Ministro Gelmini ( D.L. 1.9.2008, n. 137).
Consapevoli della necessità di dover promuovere un miglior uso delle risorse, abbiamo ben presente come lo sviluppo socio economico del paese sia strettamente correlato ad un sistema formativo di qualità. Esprimiamo tuttavia un forte disagio di fronte alla scelta del governo di ricorrere al Decreto Legge per disciplinare un settore tanto delicato e strategico da meritare un serio ed articolato dibattito parlamentare, con il più ampio coinvolgimento delle diverse componenti del mondo della scuola.
Maggiore preoccupazione suscitano in noi i contenuti del Decreto Legge e dello schema di Piano Programmatico elaborato dal Ministero della Pubblica Istruzione, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle Finanze, le cui uniche preoccupazioni sembrano essere una ragionieristica quadratura dei conti (?), da realizzare con una sommaria riduzione del numero dei docenti, dei non docenti e del tempo scuola. Concretamente si evidenzia nella scuola primaria, fiore all'occhiello del sistema formativo nazionale,una riduzione del tempo scuola a ventiquattro ore settimanali; poco confortano le dichiarazioni volte a garantire un eventuale elevamento di tale tetto orario per rispondere alla domanda delle famiglie.
Ci chiediamo, infatti, come tutto questo sia realizzabile con un orario, di servizio del futuro docente (unico) di 24 ore settimanali. Analogamente nella scuola dell'infanzia si ipotizza la riduzione del tempo scuola al solo orario antimeridiano, reintroducendo contemporaneamente gli anticipi per gli alunni di due anni e mezzo. Nemmeno la scuola secondaria di 1 o grado è esente dalla riduzione del tempo scuola, riportato a 29 ore settimanali e riducendo di fatto la pluriennale esperienza del tempo prolungato.
Una riflessione più approfondita riteniamo debba essere dedicata al ritorno del maestro unico: ricordiamo come nello scenario europeo non esista tale figura solitaria; ritroviamo piuttosto un docente prevalente che si avvale della collaborazione di altri docenti specializzati; in tale contesto, inoltre, l'offerta formativa non è ridotta al solo orario antimeridiano. Riteniamo infine che l'insegnante unico difficilmente riuscirà a fronteggiare la pluralità dei bisogni formativi degli alunni che abitano il microcosmo classe, un microcosmo che ripropone la complessità, l'eterogeneità ed i disagi dell'attuale società.
L'approccio semplificatorio adottato nei confronti della formazione, così come adottato dal Governo con l'uso della decretazione d'urgenza, investe anche il modo con cui si ripropone il tema della valutazione degli alunni. Giudichiamo grave, in primo luogo,
L’introduzione del voto di condotta come causa automatica di bocciatura o di non ammissione agli esami di stato e di qualifica, se inferiore ai 6/10, mentre sarebbe doveroso promuovere una scuola attenta ai bisogni dei ragazzi, anche attraverso la costruzione e la realizzazione di modelli educativi/formativi orientati all'ascolto, all'accoglienza ed all'intègrazione, dove il sistema dei diritti si coniuga con quello dei doveri e delle regole.
Pensiamo inoltre che il ritorno al voto in decimi difficilmente riuscirà a rendere più oggettiva, comprensibile e trasparente la valutazione degli apprendimenti e l'accertamento delle competenze degli alunni, processo ben più complesso ed articolato del solo uso numerico delle valutazioni dei docenti.
Anche in tal caso si sarebbe potuto orientare l'intervento per dare maggiore dignità ed efficacia ad un tema, quello valutativo, tanto delicato quanto significativo ed importante per i processi di apprendimento.
La portata dei problemi sopra evidenziati avrebbe pertanto richiesto un esame attento ed una discussione ben più approfondita di quella che, spesso molto superficiale, ritroviamo nei mass-media in questo momento proprio per ricercare con il mondo della scuola, di cui i Dirigenti Scolastici rappresentano una parte importante, quella sinergia e quel rapporto volto a riqualificare il sistema formativo che rappresenta, nel nostro paese, una leva strategica per il suo sviluppo ed il suo futuro.
Lucca, 9 ottobre 2008