logo Associazione nazionale dirigenti e alte professionalita' della scuola

I SINDACATI, IL NUOVO MINISTRO E I DIRIGENTI

di Alessandro Artini - Presidente ANP Toscana

Caro direttore,

i sindacati della scuola sono contenti per l'ascesa di una loro collega al ministero dell'Istruzione. Una delle prime scelte, infatti, è stata quella di rimuovere il vincolo dei tre anni per il trasferimento dei docenti. A dispetto della continuità didattica (invocata allorché si trattava di immettere nei ruoli quei precari che ogni anno cambiavano sede), adesso, dopo il primo anno, si può chiedere il rientro a casa, il caos delle cattedre è assicurato. Ovviamente i docenti interessati saranno soddisfatti, non così gli alunni (che però — come ha osservato Gian Antonio Stella sul Corriere della Sera — non hanno rappresentanze sindacali).
Ma l'aspetto che più ha gratificato i sindacati è stato il fatto che la «nuova» ministra abbia riaperto i tavoli di concertazione. Ciò che conta è il metodo. Ma per i sindacati la concertazione è tattica o altro?

Con franchezza dobbiamo riconoscere che la concertazione è stata un metodo che ha consentito ai sindacati di co-governare la scuola per decenni in consonanza con la burocrazia ministeriale, spesso in contesti di debolezza del potere politico. La scuola è una delle principali organizzazioni datrici di lavoro e questo giustifica l'attenzione sindacale. Spiega anche la superfetazione di circolari, fasce di supplenza, graduatorie, trasferimenti, assegnazioni provvisorie e via concertando.

Aldilà di alcune riforme generali, che senz'altro non vanno sminuite (Berlinguer, Moratti e Gelmini), la vita della scuola è stata caratterizzata per decenni dalla normativa per la gestione del personale, aspetto che ha sovrastato ogni altro. Non a caso quella che era una delle più importanti scommesse educative, l'autonomia di ricerca e sperimentazione, è stata malamente persa.

Nella scuola si parla molto più del destino lavorativo dei singoli che non di pedagogia. La concertazione, ben oltre la tattica, ha rappresentato una modalità pervasiva di governo che ha avuto meriti e difetti. Se ha favorito la «pace» interna, il malfunzionamento complessivo della scuola non può essere considerato un effetto casuale. Neppure i bassi stipendi dei docenti sono incidentali e non è un caso che in Italia il corpo insegnante sia numericamente sovradimensionato (con molte tessere sindacali...) e nello stesso tempo sottopagato rispetto alle medie europee. Vale la logica della coperta quando i freddolosi sono molti. Non è casuale, infine, il fatto che nella scuola siano storicamente prevalsi gli interessi del personale rispetto a quelli dell'utenza. Nella prospettiva di un cambiamento, la legge sulla Buona Scuola ha cercato di inaugurare nuove modalità di governo, riabilitando un metodo «vecchio» almeno quanto la Costituzione e cioè quello di affidarsi al Parlamento come istituzione legislatrice. Si è ribadito, così, che le leggi nascono alla Camera e in Senato e non sui tavoli di contrattazione. Per questo sono stati chiamati in causa i presidi, affidando loro alcuni compiti modesti, ma congrui con il ruolo dirigenziale (linee di indirizzo per il piano di offerta formativa triennale, chiamata diretta, bonus ai docenti, ecc.). Se non dirigono, che ci stanno a fare?

Molti commentatori ormai hanno consapevolezza che il ripristino della concertazione significhi favorire gli interessi del personale a svantaggio di quelli degli alunni, proteggere particolarismi a scapito del bene collettivo. Si legga l'episodio che il collega Vagnoli ha raccontato su questo giornale: i casi di assenteismo purtroppo sono numerosi e producono danni irreparabili agli alunni, ma le tutele sindacali sembrano bastioni inespugnabili. Tuttavia, se la possibile restaurazione di forme neo corporative è un rischio che molti avvertono, non tutti comprendono il senso delle contumelie rivolte ai dirigenti (sceriffi, podestà...). I presidi sono stati i principali attori della legge sulla Buona Scuola e, se la categoria include persone inadeguate, ciò non dovrebbe occultare questo fatto. La loro forza si identifica con quella delle istituzioni scolastiche, perché solo il dirigente risponde di fronte all'utenza dei malfunzionamenti e delle eventuali mancanze del personale.

Per questo sono stati oggetto di contumelie, perché rappresentano le istituzioni e hanno cercato di attuare il cambiamento.

(dal Corriere Fiorentino - 25 Gennaio 2017)

Corriere Fiorentino

Cliccare qui per leggere/scaricare il testo in formato pdf

Torna all'indice dei documenti
Torna alla prima pagina