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documento Consiglio Regionale 13 febbraio 2017

 

Al Direttore dell’USR per la Toscana - Dr. Domenico Petruzzo

 

Il Consiglio regionale toscano dell’ Associazione Nazionale Dirigenti Scolastici e Alte

Professionalità della Scuola, che si è riunito in data 13.02.2017, esprime le seguenti

valutazioni, alcune delle quali hanno una valenza nazionale, altre regionale.

 

1) La Ministra Fedeli, in questi primi due mesi di mandato, sembra aver inaugurato,

rispetto al precedente Governo Renzi, una fase di revisione della Legge 107/2015.

Ciò risulta evidente dalla rimozione del vincolo dei tre anni per la presentazione

della domanda di trasferimento da parte dei Docenti che inficia i poteri del

Dirigente Scolastico nella gestione del personale. Tali poteri sono stati affermati

dalla suddetta legge, ma anche, precedentemente, dall’art. 25, comma 2, del D. Lgs.

165/2001 (“Nel rispetto delle competenze degli organi collegiali scolastici,

spettano al dirigente scolastico autonomi poteri di direzione, di coordinamento e di

valorizzazione delle risorse umane”).

 

2) La Ministra Fedeli appare intenzionata (ma siamo disposti a ricrederci a fronte di

fatti nuovi) a porre in discussione anche altri aspetti della Legge 107, riproponendo

il metodo della concertazione sindacale che nell’arco dell’ultimo decennio non

sembra aver prodotto cambiamenti positivi nel mondo della scuola. La questione

educativa sembra essere ridotta alla normativa giuslavoristica. I temi della

pedagogia sono estromessi dal dibattito scolastico a vantaggio di quelli attinenti la

carriera lavorativa del personale. Emergono così forme di neocorporativismo

sindacale che eludono la centralità dei giovani nella vita scolastica, a vantaggio di

quella dei lavoratori della scuola.

 

3) La perdita di centralità degli alunni vede il suo corrispettivo nella deminutio dei

ruoli dirigenziali, che soli garantiscono la difesa dei diritti degli alunni, i quali –

come ha osservato – Gian Antonio Stella – non dispongono di rappresentanze

sindacali. Solo la dirigenza scolastica, per il ruolo che occupa, può difendere

l’interesse generale dell’istituzione scolastica e quello degli alunni che con esso si

identifica. L’indebolimento della posizione dei presidi avrà come conseguenza la

svalutazione dell’istituzione scolastica in cui operano.

 

4) Corre l’obbligo, a questo punto, menzionare la questione economica, perché è fuori

dubbio che anche in questa prospettiva si registri il degrado della dirigenza

scolastica, ultima in termini stipendiali tra quelle statali. Inutile riconoscere la

centralità della questione educativa, come fanno molti politici, e offendere poi

materialmente la dignità dei civil servant chiamati a dirigere le istituzioni

scolastiche.

 

5) Un eventuale e progressiva destrutturazione della Legge 107 rende inappropriata

la valutazione dei dirigenti, se essi sono privati anche dei risicati poteri finora a

loro disposizione. In un tale contesto, essa appare del tutto irrilevante e senza

significato. Qualsiasi valutazione professionale non ha senso se il soggetto cui è

indirizzata è privo della possibilità di scegliere. Anche l’attribuzione di

responsabilità, in mancanza di poteri decisionali appare del tutto fuorviante.

 

6) La costituzione da parte dell’Ufficio Scolastico Regionale di nuclei valutativi che

includono alcuni docenti appare come un’ulteriore scorrettezza ai danni della

Dirigenza scolastica.

Essa è infondata sia sul piano giuridico, sia su quello scientifico. In tal senso l'USR

della Toscana ha introdotto un ulteriore elemento di difficoltà nelle relazioni con i

Dirigenti. Si consideri che, in altre regioni, i nuclei di valutazione non registrano la

presenza di docenti. Una siffatta scelta apre una problematica che sarebbe stato

bene evitare. Per esemplificare il nostro punto di vista, formuliamo le seguenti

considerazioni.

Alcuni docenti potrebbero trovarsi a valutare i presidi con i quali hanno avuto

contrasti. Altri, che non hanno superato il concorso per dirigente, oggi si trovano a

valutare i dirigenti stessi.

In generale il ruolo di docente si pone potenzialmente in conflitto con l'attività di

valutazione in questione. I docenti valutano gli alunni, non i presidi. La

contraddizione è, per così dire, in re ipsa. Aggiungiamo, infine, che le posizioni che

un dirigente ANP assume possono non piacere ai docenti che poi lo valutano. Non

andiamo oltre perché la questione è intuitiva e siamo sinceramente stupiti di una

tale mancanza di accortezza.

Concludiamo rilevando che, anche se affrontassimo la questione dal punto di vista

della letteratura scientifica, è evidente che solo il "gruppo di pari" e la "comunità

professionale" hanno titolo per valutare un professionista. La letteratura

scientifica è pressoché univoca al riguardo.

 

 

7) Si osserva, inoltre, che il ritardo nei pagamenti dei dirigenti scolastici, relativi alla

contrattazione integrativa regionale degli anni passati, è dovuto anche ad alcuni

errori dell’Amministrazione toscana che hanno determinato un’inutile perdita di

tempo.

 

8) Constatiamo, infine, come l’Amministrazione, in alcune occasioni, non si sia mossa in

maniera prudente, né rispettosa verso alcuni colleghi dirigenti. Una certa “facilità”

nell’intimare e nel diffidare è apparsa incoerente con la tradizionale attitudine al

dialogo. Non si dimentichi, infine, che i dirigenti scolastici, diversamente da altri

inclusi nel ruolo unico statale, sono esposti personalmente a sanzioni

amministrative in quanto responsabili della sicurezza.

 

Per ciò che riguarda l’Ufficio Scolastico Regionale, nostro immediato interlocutore,

auspichiamo una revisione delle scelte intraprese e il ripristino di una posizione di

dialogo con la nostra associazione.

 

 

 

 

 

 

 

Firenze, li 13 febbraio 2017.

 


 

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